Castagne tempestive del Vulcano Roccamonfina
Castagne tempestive del Vulcano Roccamonfina

Castagna tempestiva del vulcano Roccamonfina

All’atto dell’immissione al consumo i frutti devono avere pericarpo di colore bruno–scuro, con strie poco evidenti; epiderma sottile, approfondito nel seme e tendenzialmente aderente, settato; seme bianco–latteo, con polpa consistente di sapore dolce; pezzatura media (non più di 95 frutti per kg).

Zona geografica di produzione

Parte dei seguenti comuni della provincia di Caserta: Caianello, Conca della Campania; Galluccio, Marzano Appio, Roccamonfina, Sessa Aurunca, Teano, Tora e Piccilli.

La castagna tempestiva di Roccamonfina tra storia e leggenda

La coltivazione del castagno ha una storia secolare, così nell’Agro di Roccamonfina, la zona tipica di coltivazione della Tempestiva, come nel resto della Campania. Essa risale al XII – XIII secolo, diventando col tempo una delle coltivazioni principali delle aree interne collinari. Secondo varie fonti, sembra che uno dei primi alberi afferenti a questa varietà sia stato piantato, in questa zona, da S. Bernardino da Siena, dell’ordine dei francescani, che lo volle nei pressi del Convento dei Lattani, da egli stesso fatto erigere.

La leggenda narra che… il francescano S. Bernardino da Siena, venuto agli inizi del ‘400 insieme a S. Giacomo della Marca in pellegrinaggio per rendere omaggio all’immagine della Madonna, e volendo edificare in questo luogo un Convento, per conoscere la volontà di Dio, provò a piantare in terra il proprio bastone di castagno secco, che subito germogliò.

Legame geografico

È un ecotipo differenziatosi nella zona tipica di produzione, alla quale è strettamente legato a causa delle condizioni pedoclimatiche particolarmente favorevoli, quali terreni a ph prevalentemente sub–acido, tendenzialmente freschi, e soprattutto con percentuale di calcare attivo relativamente bassa.


Fungo porcino del Vulcano di Roccamonfina
Fungo porcino del Vulcano di Roccamonfina

Fungo porcino del vulcano di Roccamonfina

La cappella di questo porcino è di un marrone scuro variabile a seconda delle specie del sottobosco e del bosco di raccolta, mentre il gambo è di colore marrone chiaro. Il sapore è delicato ma intenso, a tal punto da riconoscere tutti i profumi del sottobosco. La polpa è bianca e soda. Le pezzature variano a seconda dello stadio di sviluppo e possono raggiungere i 30 cm.

Territorio interessato alla produzione

Territorio dei Comuni del Parco Regionale di Roccamonfina (Caserta).

Legame geografico

Questo fungo porcino, conosciuto in tutto il Centro/Sud Italia, è localizzato nella zona montana (dai 500 ai 800 metri slm) del massiccio del Vulcano di Roccamonfina. Il territorio è composto da rigogliosi boschi di castagno presenti nella zona, i quali offrono nei mesi primaverili ed autunnali un habitat molto favorevole per la crescita di questo autentico e genuino porcino, caratterizzato da un gusto particolare ed esclusivo grazie alla natura del terreno vulcanico.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, condizionamento, stagionatura

Nella raccolta è vietato l’uso di rastrelli, uncini o latri mezzi che possono danneggiare lo strato umifero del terreno, il micelio fungino o l’apparato radicale della vegetazione. Devono essere riposti e trasportati in contenitori idonei a consentire la diffusione delle spore (panieri o cesti di vimini o similari).

Consumare e conservare i funghi porcini di Roccamonfina

Da decenni vengono consumati, venduti freschi, essiccati o sott’olio dalla gente locale: 1) fresco, dopo la pulizia del porcino con uno spazzolino, si presta ad essere utilizzato come condimento per vari piatti locali o come contorno. 2) essiccati: l’essiccazione avviene in maniera tradizionale, cioè al sole o con appositi essiccatoi. La conservazione avviene in barattoli ermetici o sacchetti. Dopo l’essiccazione il fungo mantiene a lungo il sapore gradevole e il colore bianco. 3) sott’olio: il lavaggio Egrave; manuale, serve per eliminare impurità ed eventuali residui presenti. I funghi vengono poi tagliati o lasciati interi, cotti con aceto acqua sale, e successivamente posti in vasetti con aggiunta di olio.


Galluccio Rosso DOC
Galluccio Rosso DOC

Galluccio DOC

Bianco: 70% da uve del vitigno Falanghina a cui possono essere aggiunte quelle di altri vitigni a bacca bianca non aromatici, raccomandati e/o autorizzati per la zona. Rosso e Rosato: 70% dalle uve del vitigno Aglianico con l’aggiunta eventuale di altri vitigni a bacca nera non aromatici, raccomandati e/o autorizzati della zona.

Territorio interessato alla produzione

I Comuni di Conca della Campania, Galluccio, Mignano Monte Lungo, Rocca d’Evandro, Tora e Piccilli, in provincia di Caserta.

Gradazione alcolica minima

Bianco e Rosato 11 gradi. Rosso 11,5 gradi.

Tipologie

Bianco, Rosso e Rosato.

Qualificazioni

Il Rosso con una gradazione di 12°C e un periodo di invecchiamento di almeno due anni (a decorrere dal 1° novembre dell’annata di produzione delle uve), di cui uno in botti di legno, può contenere l’indicazione Riserva.

Caratteristiche organolettiche

Bianco: colore giallo paglierino più o meno intenso; odore delicato, fruttato, caratteristico e sapore secco, fresco e armonico. Rosso: colore rosso rubino, piu’ o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento; odore gradevole, delicato, con sentori di violette, frutti di bosco, con fondo speziato di pepe; sapore armonico, concentrato con tannini ben equilibrati e un fondo aromatico di tabacco e pepe. Rosato: colore rosa più o meno intenso; odore delicato, fruttato, caratteristico e sapore secco, fresco e armonico.

Abbinamenti

Galluccio Rosso: arrosti di piccola cacciagione e selvaggina, grigliate di carni miste, formaggi piccanti stagionati e costate di agnello. Bianco: timballi, calamari in umido, fritture leggere e pesci alla griglia. Rosato: zuppa di cardoni, provola affumicata e pasta fritta.

Riferimenti normativi

La Doc Galluccio è stata riconosciuta con DM del 04.08.1997 pubblicato sulla GU del 02.09.1997.


Nocciole mortarelle
Nocciole mortarelle

Nocciola mortarella

La denominazione designa le nocciole riferibili alla cultivar “Mortarella. Forma della nucula–subcilindrica, lateralmente compressa. Dimensioni della nucula: medio–piccola; con calibri da 13 a 19 mm; frutti anche non uniformi. Guscio medio–sottile, di colore marrone chiaro, con lievi striature di colore più intenso. Seme subovoideo o subconico, inferiormente un pò pianeggiante; tracce di fibre. Staccabilità del perisperma alla tostatura buona. Polpa di colore bianco–avorio, consistente, aromatica. Resa alla sgusciatura variabile, comunque non inferiore al 44 %. Umidità relativa del prodotto dopo l’essiccazione non superiore al 6 %. Frutto sgusciato calibri da 11 a 13 mm.

Nome geografico

Nocciola mortarella campana.

Province

Avellino, Benevento, Caserta, Napoli, Salerno.

Territorio interessato alla produzione

Provincia di Caserta: Caianello, Carinola, Conca della Campania, Francolise, Galluccio, Marzano Appio, Mignano Montelungo, Pietravairano, Presenzano, Riardo, Rocca d’Evandro, Roccamonfina, Rocchetta e Croce, Sessa Aurunca, Teano, Tora e Piccilli, Vairano Patenora.