di Diego G. Di Salvo e Gennaro Farinaro

La Taverna di Conca come appariva nella prima metà del XX secolo. Archivio Pasquale Comparelli.
Figura 1 – La Taverna di Conca come appariva nella prima metà del XX secolo. Archivio Pasquale Comparelli.

Localizzazione e origini del sito

A Nord-Est del centro di Conca della Campania, al Km 161+800 dell’odierna SS6 Casilina, che quasi ricalca il tracciato dell’antica Via Latina (1), si trovano i ruderi della Taverna di Conca.

Essendo il sito ubicato lungo il corso di una strada consolare romana, in prossimità dell’antica città di Rufrium, viene facile ipotizzarne origini antiche, pur mancando a riguardo puntuali riscontri documentali (2). Una conferma a tale ipotesi pare giungere dai rinvenimenti archeologici di epoca romana avvenuti in loco alla fine del XIX secolo (3).

Analisi delle strutture esistenti

La Taverna di Conca, esterni nel 2023. Foto dell'arch. Gennaro Farinaro.
Figura 2 – La Taverna di Conca, esterni nel 2023. Foto dell’arch. Gennaro Farinaro.

In un apprezzo del 1698 la Taverna di Conca viene così descritta:

“…la taverna che si possiede per detta Corte principale nella strada maestra che va a S. Germano, consiste in un atrio coperto […] in testa vi sta la stalla capace di 20 cavalli accosto è un’altra stanza e a sinistra il focolaro alla reale e forno, appresso vi sono due camerini coverti a travi. Ritornando alla prima stanza s’ascende per una tesa di grada a quattro stanze coverte a tetti dalle quali si va fuori una loggia formata sopra l’atrio descritto […] affittata per ducati 15…(4).

Con l’ausilio della cartografia storica, sia pur nelle possibilità offerte dalle scale di rappresentazione, possiamo iniziare a valutare come l’ingombro planimetrico della struttura descritta, nel suo complesso (taverna a meridione e stalla con servizi vari a settentrione), non subisca successivamente significativi cambiamenti. Il profilo della struttura unica, ben leggibile nella Tavoletta IGM (Mignano Monte Lungo F.161 III-SO) redatta nel Dopoguerra, quando ancora non alterata da crolli e superfetazioni, ricalca sia quella rinvenibile nella cartografia redatta dal Regio Officio Napoletano fra il 1848 e il 1860, sia quella desumibile dall’Atlante Geografico del Regno di Napoli del Rizzi Zannoni, rilasciata nel 1808 (ove in corrispondenza della Taverna, sul lato opposto della viabilità, risulta apposta una croce con il termine “il Carmine”, probabilmente corrispondente alla piccola struttura diruta, tutt’oggi visibile, un tempo evidentemente a destinazione cultuale) (figura 3).

Stralcio Atlante geografico del Regno di Napoli di Giovanni Antonio Rizzi-Zannoni - Foglio 10 (1789).
Figura 3 – Stralcio Atlante geografico del Regno di Napoli di Giovanni Antonio Rizzi-Zannoni – Foglio 10 (1789).

Già in quest’ultima cartografia è possibile leggere il corpo più profondo della taverna vera e propria e quello contiguo, meno consistente, delle stalle e altri ambienti di servizio.

Nella più antica Carta della Diocesi di Teano, fatta redigere nel 1635, la Taverna di Conca non vi è purtroppo riportata (5), a differenza della non lontana “Hostaria di San Felice”, sorta su ruderi d’età romana, da riferirsi alla località romana di Rufrium. Pertanto, non è possibile comparare la descrizione dell’apprezzo del 1698 con la relativa, sia pur semplificata, rappresentazione grafica (figura 4).

Stralcio della Carta della Diocesi di Teano commissionata dal Vescovo Giovanni De Guevara ed incisa da M.G., Roma, 1635.
Figura 4 – Stralcio della Carta della Diocesi di Teano commissionata dal Vescovo Giovanni De Guevara ed incisa da M.G., Roma, 1635.

Diverse taverne presenti lungo il percorso di quella che durante il Medioevo fu chiamata via Casilina (o Via per San Germano, l’odierna Cassino) (6), insistevano su corpi d’epoca romana e quindi di statio laddove il percorso dell’antichissima Via Latina vi risultava prossimo o vi si sovrapponeva. Tale viabilità, inoltre, a differenza di altre Consolari, non conobbe mai oblio, anche durante il Medioevo. Non può quindi suscitare meraviglia il fatto che la storia di queste strutture, sorte a ridosso del tracciato stradale e delle sue (poche) variazioni, occorse in ventitré secoli dalla prima importante strutturazione, possa risultare più antica di quanto deducibile dai soli documenti d’archivio.

Nel caso in questione qualche ulteriore dato significativo può essere dedotto unicamente dalla lettura delle strutture ancora in posto, sia pur fortemente limitata dalla inaccessibilità degli interni e tenendo conto anche dei settori crollati, o completamente stravolti da interventi contemporanei.

La consistenza volumetrica appare in linea di massima ancora quella deducibile dalle richiamate cartografie, nonostante il distacco fra gli ambienti della Taverna e quelli delle stalle e servizi, determinato dalla perdita dell’ala meridionale di questi ultimi. Le strutture murarie, tuttavia, sembrano raccontare qualcosa in più, legato ad una storia più complessa e tutt’altro che cristallizzata alla descrizione proposta dall’apprezzo.

Le apparecchiature murarie esterne e anche quelle interne analizzabili unicamente da foto rubate attraverso le aperture, risultano formate in gran parte da bozze di tufo locale apparecchiate sommariamente per filari. L’altezza delle bozze presenta variazioni anche significative, fino a 2-3 cm, tuttavia i filari approssimano con una certa regolarità un’altezza pari a 26-27 cm, quindi ad un palmo napoletano, pari a 0,2636 cm (dal 1480 al 1840) e risultano lavorate su tre facce (sui piani d’appoggio e sulla faccia vista). I piani verticali risultano molto più approssimativi, solo sommariamente sbozzati, ciò nonostante l’apparecchiatura ricerca, con una discreta regolarità, anche la sfalsatura dei giunti verticali. In virtù del grado di lavorazione, ancora piuttosto approssimato, i giunti di malta, poco indagabili perché coperti in buona parte da una ripresa posticcia delle commessure, risultano decisamente marcati e talvolta riempiti con scaglie occorrenti al pareggiamento dei corsi.

Non manca l’impiego di spaccatoni, di pari altezza delle bozze, utilizzati largamente nella zona basamentale delle murature, ove utili al rafforzamento, oppure nella configurazione delle aperture, al fine di ottenere una migliore ammorsatura delle apparecchiature nei punti più delicati.

In virtù di questi elementi, sia pur sommariamente descritti, gran parte delle strutture oggi visibili devono essere riferite ad un periodo non antecedente al 1720-30, che ne costituisce, pertanto, il “terminus post quem”. Datazione perfettamente compatibile con gli elementi costruttivi in posto, costituiti anzitutto da archi di scarico a tutto sesto o ribassati, presenti tanto sulle murature perimetrali, tanto sui setti divisori interni del corpo taverna, dove un ardito pilastro circolare, posto al centro della superficie, garantiva appoggio al solaio intermedio interno, nonché alle strutture lignee di copertura, conformanti un’unica grande falda, orientata verso la viabilità.

Si tratta infatti di apparecchiature adottate, gradualmente, in luogo di quelle disposte per “cantieri”, successivamente al violento sisma “del Sannio” del 1688 e a quelli occorsi negli anni 1702-1703, in un primo momento nella Capitale e poi, a partire dagli anni Venti del Settecento, anche in Terra di Lavoro.

La Taverna di Conca, interni nel 2023. Foto dell'arch. Gennaro Farinaro.
Figura 5 – La Taverna di Conca, interni nel 2023. Foto dell’arch. Gennaro Farinaro.

Pochi dubbi, pertanto, che quanto oggi visibile non siano più le strutture descritte nel richiamato apprezzo tardo seicentesco e che la Taverna sia stata, successivamente, oggetto di un’importante ed estesa opera di ristrutturazione, anche ove non finalizzata al suo ingrandimento.

I documenti ad oggi conosciuti e le rare indagini compiute sul campo, testimoniano, del resto, coeve opere di esteso rinnovamento delle numerose taverne che costellavano le principali vie di comunicazione del Regno, in linea con il generale fermento edilizio registratosi nel primo periodo borbonico, a partire dal 1735.

Non bisogna però tralasciare le condizioni per le quali le modalità costruttive del tardo Settecento e ancora all’inizio dell’Ottocento, risultino le medesime della prima metà del secolo, faticando ad affermarsi, specie nelle periferie del Regno, ulteriori migliorie e perfezionamenti. Difficile quindi, nell’ambito di questa lettura preliminare, stabilire anche un “terminus ante quem” per le strutture in posto, ove si evidenziano palesemente anche interventi più recenti, di adeguamenti, parziali ricostruzioni e ricollocazioni in posto di elementi originari. Una più precisa collocazione temporale della Taverna di Conca potrà essere compiuta unicamente fruendo di nuova documentazione d’archivio e di indagini sul campo, da svolgersi in sicurezza, con le quali poter compiere una lettura approfondita e di dettaglio.

Le Taverne dei Principi di Conca

Il castello dei principi di Conca. Archivio DDS Lab.
Figura 6 – Il castello dei principi di Conca. Archivio DDS Lab.

Nell’apprezzo della Terra di Conca del 19 giugno 1698 (7) il tabulario Gennaro Sacco cita due taverne, entrambe comprese tra i beni burgensatici (8) del principe di Conca Domenico Maria de Capua (9).

La prima “… che si possiede per detta Corte principale nella strada maestra che va a S. Germano …” è quella oggetto del presente lavoro e veniva affittata per 15 ducati annui (10).

L’altra era situata in Conca centro

“… proprio all’incrocio del descritto palazzo (il Castello di Conca) confinante con li beni di Carlo Comparelli li beni delli RR.PP. Domenicani e il luogo consiste in una portella tonda per la quale s’entra in un cortile piccolo scoverto dove si trova il forno, la stalla capace di 4 cavalli …”

ed era affittata per 5 ducati annui (11).

Delle due taverne almeno una rimase di proprietà dei principi di Conca fino al XIX secolo. Ne abbiamo conferma da un atto del 17 dicembre 1846 relativo ad una causa pendente dinanzi alla Terza Camera della Gran Corte Civile di Napoli (12):

“… annui ducati 190 per canone sugli Stagli e Taverna in Conca dovuti da Giuseppe Paparelli (13) per istrumento del 2 gennaio 1819; annui ducati 180 per canone sulla Palombara in Conca dovuto da D. Aniello Galdieri per istrumento del 9 giugno 1819 … “

Allo stato delle ricerche non è possibile dire quale delle due taverne fosse stata data in affitto a Giuseppe Paparelli. La prossimità della località Stagli, locata allo stesso Paparelli, e l’articolata normativa sull’appalto e la gestione di una stazione di posta, quale fu nel medesimo periodo la Taverna di Conca propriamente detta, rendono più probabile che si tratti della taverna in Conca centro.

La Taverna di Conca e le sue funzioni

Scena di taverna, David Teniers, 1658 circa. National Gallery of Art USA.
Figura 7 – Scena di taverna, David Teniers, 1658 circa. National Gallery of Art USA.

La Taverna vera e propria

La Taverna di Conca era innanzitutto un locale pubblico presso il quale avventori locali e viaggiatori potevano rifocillarsi e alloggiare. Disponeva anche di servizi per le cavalcature (14), mentre sul lato opposto della viabilità si trovava un piccolo luogo di culto (15).

Qui soggiornarono anche gli aristocratici impegnati nel Grand Tour, il viaggio nell’Europa continentale per studiare la storia, la politica, la cultura e l’arte dei centri più importanti del Vecchio Continente.

Sir Richard Colt Hoare, ritratto da Wikipedia.
Figura 8 – Sir Richard Colt Hoare, ritratto da Wikipedia.

Uno di questi fu Sir Richard Colt Hoare (16), in Italia tra il 1787 e il 1791, che scrisse A Classical Tour through Italy and Sicily, edito a Londra da Charles Wood nel 1819, in cui narrò anche del suo viaggio da Napoli a Roma lungo l’antica Via Latina.

Il 2 novembre 1791, partito da Teano, seguì la rotabile per gli Abruzzi, raggiungendo le taverne di Cajanello (Taverna Catena) (17), Pagliarone (nei pressi di Pietravairano) e Tavernola (di proprietà del duca di Presenzano) (18). Da qui, imboccata la meno agevole e non ancora completamente rotabile (19) diramazione di Sora, attraverso il bosco di Presenzano, giunse alla Taverna di San Felice e poi a quella di Conca, ove si trattenne nella notte tra il 2 e il 3 novembre 1791 (20).

La Stazione di Posta presso la Taverna di Conca

Heinrich Bürkel, Mendicanti tendono un'imboscata a una diligenza fuori da un ufficio postale nell'Agro Pontino, XIX secolo.
Figura 9 – Heinrich Bürkel, Mendicanti tendono un’imboscata a una diligenza fuori da un ufficio postale nell’Agro Pontino, XIX secolo.

Studiando il sistema postale del Regno di Napoli, si scopre che la Taverna di Conca svolse per diverso tempo anche la funzione di Stazione di Posta dei cavalli.

Furono le riforme postali di Carlo III di Borbone prima (unitamente al corposo progetto di sviluppo del sistema viario) e dei napoleonidi poi (sussidiariamente alla loro rivoluzione amministrativa) a dar vita alla rete postale nella quale la Taverna di Conca fu inserita.

Cos’era e come funzionava una stazione di Posta

Ma che cos’era e come funzionava una stazione della posta dei cavalli?

La stazione di posta, anche detta rilievo, non era un’officina di posta (21), bensì una fermata lungo un cammino della rete postale in cui avvenivano le seguenti operazioni:

  • cambio dei cavalli e postiglioni (22);
  • salita e discesa dei viaggiatori;
  • deposito e prelievo della corrispondenza.

Poteva essere situata lungo un cammino principale o traverso (23) ed era contrassegnata dalle insegne regie e dall’immagine del caratteristico corno di posta, suonato dai postiglioni quando giungevano in prossimità della stazione di destinazione. Di notte vi erano sempre un lume acceso e un postiglione di guardia.

La configurazione tipica della stazione di posta prevedeva:

  • l’alloggio del mastro di posta e dei postiglioni;
  • la stalla (affidata ad un mastro di stalla, che dirigeva gli stallieri);
  • un locale per il ristoro dei viaggiatori.

Postiglioni, mastro di stalla e stallieri dipendevano dal mastro di posta, che li sceglieva liberamente (24). Proprio perché dipendenti dalla singola stazione, postiglioni e cavalli, una volta effettuato il cambio, dovevano subito ritornare alla stazione di appartenenza (25).

Il mastro di posta non era un dipendente pubblico ma si aggiudicava la gestione del servizio partecipando ad una gara d’appalto. Era richiesto che sapesse leggere e scrivere (26) e doveva provvedere anche al servizio delle staffette, cui era affidato il recapito urgente di corrispondenza tanto tra privati che tra pubblici funzionari.

Da quanto detto, appare evidente che il mastro di posta, specialmente se gestiva anche una locanda o un albergo con trattoria, diveniva il centro di una rilevante attività economica, che aveva tutto l’interesse a far rimanere in famiglia. Accadeva spesso, quindi, che gli appalti diventassero generazionali con trasmissione di padre in figlio.

La Stazione di Posta di Conca nello Stato Generale delle Poste del Regno di Napoli del 1808
Stato Generale delle Poste del Regno di Napoli per l’anno 1808. Dettaglio di alcuni Traversi del Cammino degli Abruzzi.
Figura 10 – Stato Generale delle Poste del Regno di Napoli per l’anno 1808. Dettaglio di alcuni Traversi del Cammino degli Abruzzi.

Venendo ai riscontri documentali che riguardano la Stazione di Posta di Conca, dallo Stato Generale delle Poste del Regno di Napoli per l’anno 1808 (27) (figura 10) apprendiamo che lungo il Cammino degli Abruzzi (28), a partire dalla località Torricella (29) si dipartivano i seguenti cammini traversi (30):

  • Torricella – Cajanello (1 posta)
  • Cajanello – Conca (1 posta)
  • Conca – San Vittore (1 posta)
  • San Vittore – San Germano (1 posta)
  • San Germano – Sora (3 poste)
Stralcio della carta itineraria del Regno di Napoli con le Stazioni di Posta, Zannoni, 1808.
Figura 11 – Stralcio della carta itineraria del Regno di Napoli con le Stazioni di Posta, Zannoni, 1808.

Almeno dal primo decennio del XIX secolo, dunque, è certo che la Taverna di Conca fu anche stazione di posta. Nel viaggio di andata ad essa si giungeva da Cajanello (Taverna Catena) e se ne partiva verso San Vittore (31). Vi transitavano:

  • corrispondenza (trasportata da postiglioni e staffette);
  • denaro e merci (trasportate dai procacci);
  • viaggiatori.

Abbiamo qualche informazione sulle attività postali di Conca dalla lettura di una voce del budget dell’Università (32) per l’anno 1810:

“Per tanti corrieri straordinari che vengono continuamente spediti da moltissime autorità non meno per il corriere Procacciuolo che va due volte la settimana in Teano (33) (si ammettono solo 6 ducati per Procacciuolo) = 25,60 ducati” (34).

La Stazione di Posta di Conca in un Foglio Parte del 1820
Estratto del Foglio Parte dei cammini traversi di posta Torricella - San Germano e San Germano - Sora. Collezione DDS Lab.
Figura 12 – Estratto del Foglio Parte dei cammini traversi di posta Torricella – San Germano e San Germano – Sora. Collezione DDS Lab.

Oltre che dal citato Stato Generale del 1808, la Taverna di Conca è indicata come rilievo di posta in un Foglio Parte (35) datato 23 febbraio 1820 (figura 12), che espressamente recita:

“Parte da questo Generale Officio delle Poste il Corriero di Apruzzo e conduce anche la Valigia delle lettere di S. Germano, e di Sora, per consegnarla al Mastro di Posta di Torricella, il quale deve subito consegnarla al Postiglione di S. Germano. Si avverta di sollecitare il corso di detta Valigia, tanto nell’andata, che al ritorno, trattandosi di Real Servizio. Da Napoli a dì 23 feb.o 1820”.

Il Parte riguarda il collegamento postale tra Torricella e Sora, che avveniva nel modo seguente:

Il corriere degli Abruzzi giungeva a Torricella da Capua. Prima di proseguire per Venafro, consegnava al mastro di posta le valigie con la corrispondenza per le officine di San Germano e Sora. Il mastro di posta, senza indugio, le consegnava al postiglione del cammino traverso, che partiva a cavallo verso San Germano. Da Torricella a San Germano le stazioni di posta intermedie erano Cajanello (Taverna Catena), Conca e San Vittore. Il viaggio fino a Sora doveva durare al massimo 14 ore.

In questo caso particolare, nel Parte si sollecitava il corso delle valigie poiché relative a corrispondenza di Real Servizio, ovvero di tipo istituzionale.

La Stazione di Posta passa dalla Taverna di Conca a Mignano
Stralcio del manifesto degli appalti dei cammini di posta del 15/11/1848.
Figura 13- Stralcio del manifesto degli appalti dei cammini di posta del 15/11/1848.

In un manifesto del 15 novembre 1848 dell’Amministrazione Generale delle Poste del Regno delle Due Sicilie, relativo all’appalto di tutti i servizi dei cinque cammini postali dal 1° gennaio 1849 al 31 dicembre 1856, la Stazione di Conca non viene più citata.

Al suo posto, lungo la nuova diramazione di Sora del Cammino degli Abruzzi, c’è il Rilievo di Mignano, a cui erano assegnati 7 cavalli e 3 postiglioni (36) (figura 13).

Se nel 1848 la Stazione di Posta di Mignano rappresentava una novità, una Taverna di Mignano esisteva già prima della metà del XVII secolo (37).

Ora, pur non potendosi escludere l’ipotesi di una sovrapposizione/attrazione toponomastica tra Taverna di Conca e Taverna di Mignano (38), sulla base dei dati cartografici esistenti essa appare poco probabile. Più convincente è l’ipotesi che, anche a causa della crescente importanza politico-istituzionale assunta dalla Mignano dei Nunziante, la stazione di posta sia stata spostata da Conca a Mignano. Rimane da approfondire se lo spostamento sia avvenuto presso l’antica taverna o presso la “Taverna Nuova” (39).

Si aggiunga che nel 1855 Mignano divenne capoluogo di autonomo circondario (40) e che nel 1859 vi fu istituita la prima officina di posta borbonica dell’Areale del Roccamonfina (41).

Non era impossibile che una stazione di posta venisse spostata. Gli stessi percorsi dei cammini non erano fissi, ma mutavano con atti ufficiali al sopraggiungere di migliori alternative di percorso. Anche le distanze tra una posta e l’altra non erano fisse. La media sul finire del ‘700 era compresa tra 4 e 6 miglia, ma poteva arrivare anche a 10. Migliorando le strade, inoltre, aumentavano anche le distanze percorribili tra una posta e l’altra:

  • nel 1786 in diligenza si percorrevano da 5 a 6 miglia;
  • nel 1816 da 6 a 8;
  • nel 1834 da 7 a 9 (42).

L’istituzione della Stazione di Posta di Mignano si inserì in un generale processo di riassetto e ammodernamento della rete postale, che coincise con il rinnovo degli appalti dei servizi su tutti i cammini di posta del Regno.

Stralcio della Carta postale ed itineraria d'Italia di Antonio Federico Botte, Udine, 1844.
Figura 14 – Stralcio della Carta postale ed itineraria d’Italia di Antonio Federico Botte, Udine, 1844.

Alla fine del XVIII secolo si era ancora indecisi se rendere o meno completamente rotabile la Cajanello – San Germano – Sora (43). Prima della metà del XIX secolo questa strada era finalmente percorribile dalle diligenze (44) (figura 14), essendosi trasformata da semplice cammino traverso a diramazione della via degli Abruzzi.

La Taverna di Conca dopo l’istituzione della Stazione di Posta di Mignano
Stralcio della Carta di Terra di Lavoro, G. Marzolla, Napoli, 1850.
Figura 15 – Stralcio della Carta di Terra di Lavoro, G. Marzolla, Napoli, 1850.

Collegato o meno alla rete postale, il sito di Conca funzionò da taverna in senso stretto almeno fino ai primi anni del Regno d’Italia.

Siamo certi di questo sia perché la taverna venne sempre indicata nella cartografia dell’epoca (45), ma anche perché, come avremo modo di vedere successivamente, fu teatro di diversi episodi durante la stagione di contrasto al brigantaggio postunitario (46).

L’avvento della Strada Ferrata
Stralcio della carta della Provincia di Caserta, Terra di Lavoro edita da Francesco Vallardi (1861/1878).
Figura 16 – Stralcio della carta della Provincia di Caserta, Terra di Lavoro edita da Francesco Vallardi (1861/1878).

La funzione postale delle nostre taverne venne progressivamente meno con la costruzione della strada ferrata anche in questa parte di Terra di Lavoro. Ciò in considerazione del fatto che, data la sostanziale sovrapposizione dei percorsi ferroviario e postale, la ferrovia garantiva maggiore velocità e sicurezza nel trasporto di passeggeri, merci e corrispondenza.

La situazione in evoluzione è ben rappresentata in una carta del 1861/1878 (47) (figura 16), che consente di porre a confronto, ad esempio, ciò che accadde per Mignano/Conca e per Venafro.

All’altezza di Mignano e della Taverna di Conca (individuabile grazie al toponimo “il Carmine”) si leggono i tracciati della strada ferrata e della rotabile per Cassino, mentre non sono più indicate né strade postali né stazioni di posta. Diversamente, Venafro continua ad essere attraversata da una strada postale e conserva per questo la propria stazione di posta (48).

Stralcio della Carta delle Strade Ferrate Italiane compilata da Camillo Bossi, Giuseppe Civelli Editore, 1885.
Figura 17 – Stralcio della Carta delle Strade Ferrate Italiane compilata da Camillo Bossi, Giuseppe Civelli Editore, 1885.

Il progetto di ampliamento della rete ferroviaria da Capua verso lo Stato Pontificio era già stato avviato in epoca borbonica ma, a causa degli eventi bellici, fu possibile completarlo solo nei primi anni successivi alla nascita del Regno d’Italia. Ecco come progredì nel nostro Areale:

  • Il 14 ottobre 1861 fu inaugurato il tratto ferroviario da Capua a Tora-Presenzano (49);
  • il 25 febbraio 1863 quello da Tora-Presenzano a Ceprano (50), con la contestuale apertura della stazione ferroviaria di Mignano (51).
Stralcio della Carta delle Comunicazioni Postali, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1930.
Figura 18 – Stralcio della Carta delle Comunicazioni Postali, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1930.

Il collegamento postale veloce offerto dalla strada ferrata non poteva bastare da solo a garantire la copertura capillare del servizio. Per questo motivo il reticolo di collegamenti secondari, da sempre percorsi a piedi o a cavallo e più tardi in bicicletta o in auto postale, non perse la propria utilità.

Dalla carta delle Comunicazioni Postali edita da De Agostini nel 1930 (figura 18) possiamo notare che la corrispondenza per Conca della Campania giungeva alla stazione di Tora-Presenzano e da qui, mediante una vettura postale, veniva consegnata all’Ufficio Postale per la successiva distribuzione.

I briganti e la Taverna di Conca

Da sinistra, i briganti Cosimo Giordano, Carlo Sartore, Francesco Guerra. Foto tratta da: Pietro ed Emilio Calce, Galluccio Civiltà, Religione e Brigantaggio, Casamari, 1975.
Figura 19 – Da sinistra, i briganti Cosimo Giordano, Carlo Sartore, Francesco Guerra. Foto tratta da: Pietro ed Emilio Calce, Galluccio Civiltà, Religione e Brigantaggio, Casamari, 1975.

Tutte le taverne furono punti di incontro per affari più o meno leciti nel corso dei secoli. L’Alta Terra di Lavoro, poi, fu uno dei centri nevralgici del brigantaggio postunitario, ove operarono alcune delle bande più feroci che la storia ricordi.

Ed infatti, scorrendo la “Guida alle fonti per la storia del brigantaggio postunitario conservate negli Archivi di Stato” (52) emergono numerosi avvenimenti che ebbero come teatro proprio le taverne. Qui venivano assaliti viaggiatori, avventori e contingenti militari. Inoltre, nonostante i briganti ricevessero rifornimenti dai manutengoli nei covi di montagna, non era infrequente che si recassero essi stessi presso le taverne “amiche” per gli approvvigionamenti.

Tra il 1865 e il 1868, ad esempio, fu disposta la chiusura delle già citate taverne Pagliarone e Tavernola (53), perché “poste in località facili alle incursioni dei briganti” (54).

Il 9 settembre 1862, invece, la banda del brigante concano Angelo Maccarone ebbe uno scontro a fuoco con l’esercito alla Taverna di San Felice (55).

Naturalmente, anche presso la Taverna di Conca si svolsero diversi fatti d’armi.

Nel 1864 fu segnalato alle autorità di pubblica sicurezza l’avvistamento a Taverna di Conca delle temutissime bande di Domenico Fuoco e Ciccio Guerra (56).

Un anno prima, il 18 settembre 1863, vi fu uno scontro a fuoco che valse al sergente del 60° Reggimento Fanteria Paolo Rezzonico la medaglia d’argento al valore militare (57) e la menzione onorevole al caporale Andrea Caporali (58).

Un deposito di munizioni presso Taverna di Conca

Un deposito di munizioni neozelandese tra Taverna di Conca e Mignano. Foto di George Frederick Kaye, febbraio 1944, Archives New Zealand.
Figura 20 – Un deposito di munizioni neozelandese tra Taverna di Conca e Mignano. Foto di George Frederick Kaye, febbraio 1944, Archives New Zealand.

Tra gennaio e maggio 1944, durante le operazioni militari che portarono gli Alleati alla conquista di Cassino, la Via Casilina rappresentava l’arteria principale di collegamento per il rifornimento delle truppe al fronte. Lungo la statale erano stati costruiti numerosi depositi militari e di supporto logistico.

Dal diario delle operazioni della Divisional Petrol Company, una compagnia appartenente alla 2^ Divisione Neozelandese, posta al comando del Gen. (Brigadier) S. H. Crump, apprendiamo dell’esistenza anche presso Taverna di Conca di un deposito di munizioni.

La mattina del 5 febbraio 1944, la compagnia era impegnata nel trasporto da Nola di munizioni da 25 libbre per i cannoni.

Considerata l’impossibilità di incrementare ulteriormente il deposito di Taverna di Conca, la Petrol Company ricevette l’ordine di approntare un nuovo deposito(59).

Conclusioni

Quanto emerso in questo studio preliminare chiarisce inequivocabilmente l’importanza del sito di Taverna di Conca nel percorso scientifico di ricostruzione della storia del Comune di Conca della Campania.

L’auspicio è che il presente lavoro possa fungere da apripista ad ulteriori e più approfondite ricerche, nonché da stimolo a chi di competenza affinché siano adottate le misure necessarie per la conservazione, il recupero e la valorizzazione di un’emergenza tanto affascinante quanto promettente.


La Taverna di Conca

Diego G. Di Salvo

Libero professionista, la mia attività prevalente è quella di consulente di web marketing. Da autodidatta ho appreso le basi del mestiere e, nel corso degli ultimi anni, ho gestito progetti web di piccoli, medi e grandi brand anche di rilevanza internazionale, in diversi settori produttivi.

Appassionato di Running e Mountain Bike, collezionista di cartoline e storia postale, con qualche modesta esperienza politica. Scopri di più su diegodisalvo.com


Gennaro Farinaro

Gennaro Farinaro

Sono un architetto libero professionista, classe 1972.
Dal 2013 vivo a Cava de’Tirreni (SA), mentre lo studio associato di progettazione, del quale sono co-titolare, è ubicato nel borgo di Tora e Piccilli (CE) che è parte integrante dell’areale vulcanico del Roccamonfina e dell’omonimo Parco Regionale.

I miei studi sono rivolti soprattutto ai caratteri tipologici dell’edilizia storica di questo areale e del suo intorno territoriale, con particolare attenzione alle strutture fortificate, di varia natura, che ne costellano le fertili pendici. Sono membro dell’Istituto Italiano dei Castelli, sezione Campania e dell’equipe scientifica di studio del Sito paleontologico denominato “Ciampate del Diavolo”. Alcune pubblicazioni prodotte dal 2007 sono liberamente disponibili dal sito Academia.edu/GennaroFarinaro.


Note

(1) Il tratto è identificato dalla Tabula Peutingeriana con la denominazione di Ad Flexum – Teanum Sidicinum. Cfr. Fabio Cubellotti, Conca della Campania dal castrum alla residenza palaziale, Il Poligrafo, Padova, 2018, pag. 15.

(2) Cfr. Infra, § Analisi delle strutture esistenti.

(3) La scoperta di avanzi di fabbriche e un ripostiglio di monete familiari d’argento, avvenuta in un fondo denominato Taverna di Conca, viene citata in Atti della Regia Accademia dei Lincei anno 1891 – Serie Quarta Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche Volume IX, Roma, 1892, pag. 290: “In un fondo del sig. Pasquale De Luca, denominato Taverna di Conca, a circa 3 Km da Mignano, eseguendosi dei lavori agricoli si rinvennero alcuni ruderi di antica costruzione, dai quali si estrassero due grossi doli e vari vasetti e lucerne fittili e qualche vasetto di vetro. Vi si raccolsero anche delle monete familiari, delle quali rappresentò una descrizione il solerte ispettore prof. E. Canale Parola …”.

(4) Apprezzo della Terra di Conca nel 1698, conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli, Archivi Notarili, Archivi dei Notai del XVII secolo – Pozzi, piano I, scheda 540 prot. 15 in F. Cubellotti, Conca della Campania dal castrum alla residenza palaziale, cit., pag. 15.

(5) Nei Relevi dei diritti feudali della famiglia de Capua, per gli anni 1624 e 1632, mancano i dati del feudo di Conca per Taverna e Passo. Sono invece indicati quelli dei feudi di Mignano e Caianello. Ciò si spiega col fatto che tanto la Taverna di Conca quanto l’altra osteria seu Taverna, sita in Conca centro, erano beni burgensatici, come risulta nell’apprezzo della Terra di Conca del 1698. Cfr. Aurelio Lepre, Terra di Lavoro nell’Età Moderna, Guida, Napoli, 1978, pagg. 28 e ss.; Apprezzo della Terra di Conca nel 1698, cit.

 MIGNANOCONCACAIANELLO
 162416321624163216241632
Diritti Giur.li120,00 ducati300,00340,50341,5093,0097,00
Taverna e Passo190,00 ducati190,00636,50636,50
Mulino40,00 ducati24,60174,00202,15202,15
Erbaggi e difese149,20 ducati177,00102,00135,0010,00
Terraggi1,50 ducati1,20464,90466,7013,8039,80
Varie4,00 ducati4,00115,40121,901,201,20
 504,70 ducati696,801.022,801.239,10946,65986,65

(6) Il toponimo mutò da San Germano a Cassino in seguito al R.D. 1425 del 26/07/1863.

(7) Il documento, costituito da ben 136 fogli, fu redatto dall’ingegnere e tabulario Gennaro Sacco su incarico della Regia Camera della Sommaria. Morto senza eredi il principe di Conca Domenico Maria de Capua, l’apprezzo serviva a determinare il valore del feudo di Conca in vista della sua vendita. Cfr. F. Cubellotti, Conca della Campania dal castrum alla residenza palaziale, cit., pag. 27.

(8) I beni burgensatici erano quelli posseduti dal feudatario in piena proprietà, contrariamente a quelli feudali che venivano invece concessi dal signore dietro prestazione di un giuramento di fedeltà.

(9) Cfr. F. Cubellotti, Conca della Campania dal castrum alla residenza palaziale, cit., pag. 27.

(10) Cfr. Ivi, pag. 43.

(11) Cfr. Ibidem.

(12) Cfr. Vincenzo Villari, Raffaele Tajani, Matteo Joele, Pella real corona pel Capitolo della Vescovile Chiesa di Cava di regio padronato pel Monte delle Sante Missioni pegli eredi di D. Diego Vitale e pella Parrocchia di Vetranto del comune di Cava attori in ipotecaria contra D. Michelangelo Di Biase …, Napoli, 1846.

(13) Un Giuseppe Paparelli figura tra i sindaci di Conca durante il periodo francese. È molto probabile che si tratti della stessa persona (lo stesso dicasi per Aniello Galdieri citato successivamente). Cfr. Diego G. Di Salvo, Sindaci di Conca della Campania dal 1809 ad oggi, Conca della Campania, 2021 su Concadellacampania.info

(14) Cfr. Supra, § Analisi delle strutture esistenti.

(15) Cfr. Ivi, figura 3.

(16) Sir Richard Colt Hoare (Barnes, Londra 9 dicembre 1758 – Mere Stourhead 19 maggio 1838) fu un archeologo, antiquario, scrittore e viaggiatore inglese. Cfr. it.wikipedia.org/wiki/Richard_Colt_Hoare.

(17) Cfr. Opuscolo a cura di Proloco Vairano Patenora e Comitato Storico Incontro, Dove Garibaldi salutò il Re d’Italia, Intergraphica, Vairano Scalo, 2010-2011; G. Farinaro, La Taverna della Catena (Vairano Patenora, Caserta). Indagini preliminari sulla cartografia antica e sui caratteri costruttivi di un monumento di interesse nazionale, in A. Panarello (A cura di), Ethnos, archeologia e arte nel territorio di Vairano Patenora fra Preistoria ed Età Moderna, atti del convegno – Vairano Patenora, 14 novembre 2015, Caramanica Editore, Marina di Minturno (LT) 2015, pp. 35-46.

(18) Cfr. Guida alle fonti per la storia del brigantaggio postunitario conservate negli Archivi di Stato, Arti Grafiche Boccia, Salerno, 2000, pag. 1123.

(19) Cfr. Giuseppe Maria Galanti, Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie Tomo III, Gabinetto Letterario, Napoli, 1789, pagg. 104 e 105.

(20) Richard Colt Hoare, A Classical Tour through Italy and Sicily, Charles Wood, London, 1819, pagg. 194 e 195.

(21) Gli uffici postali in epoca borbonica erano denominati officine di posta. Sulla loro organizzazione e dislocazione nel territorio oggetto del presente studio sarà necessaria apposita trattazione.

(22) I postiglioni erano coloro che conducevano i cavalli della posta. Se in vettura, non viaggiavano mai a cassetta, ma sempre a cavallo, montando solitamente il primo di sinistra. Dovevano indossare l’uniforme, gli stivali, lo stemma reale al braccio sinistro con indicazione del rilievo di provenienza e portare a tracolla la trombetta che, giunti in prossimità del rilievo, suonavano per avvertire il mastro di posta affinché preparasse il cambio dei cavalli. Cfr. Reg. All. R.D. 1535/1819.

(23) I cammini traversi erano percorsi secondari della rete postale, che collegavano centri minori del Regno. I cammini principali, invece, collegavano la Capitale con i capoluoghi e i maggiori centri delle province. Mentre i cammini principali si sviluppavano lungo strade interamente rotabili ed erano percorsi dai corrieri con vetture, i cammini traversi erano percorsi da postiglioni, corrieri e staffette che viaggiavano a cavallo o a piedi.

(24) I postiglioni dovevano essere scelti tra persone di comprovata moralità, capaci di cavalcare e maggiori di una certa età. Nel 1808 erano necessari 14 anni; successivamente, il Reg. All. R.D. 1535/1819 innanzò l’età minima a 16 anni.

(25) Solo in casi espressamente previsti dalla legge i postiglioni potevano proseguire il viaggio oltre la stazione di destinazione abituale. La stessa normativa definiva rigidamente anche i maggiori compensi loro dovuti. Cfr. Reg. All. R.D. 1535/1819.

(26) Cfr. Ibidem.

(27) Cfr. Paolo Vollmeier e Vito Mancini, Storia Postale del Regno di Napoli dalle origini all’introduzione del francobollo, Paolo Vollmeier Editore, Castagnola (Svizzera), 1996, Vol. I, pag. 387.

(28) Il Cammino degli Abruzzi era uno dei cammini principali e conduceva da Napoli, capitale del Regno, a L’Aquila.

(29) Torricella è una località sita tra Calvi e Teano, oggi conosciuta con il toponimo di Torricelle, storicamente famosa per essere stata luogo di incontro, il 29 maggio 1460, tra Marino Marzano e re Ferrante; incontro durante il quale si attentò senza successo alla vita del re.

(30) Ovviamente tutti i cammini venivano percorsi in senso inverso durante il viaggio di ritorno.

(31) Si tratta della località Taverna all’incrocio tra la SS 6 Casilina e la SS 430 della Valle del Garigliano.

(32) Con il termine Università (universitas) era indicato il comune dell’Italia Meridionale.

(33) Nel 1810, in virtù della Legge n.14 del 19 gennaio 1807, Conca era parte del Circondario di Teano nel Distretto di Gaeta. Passò al Circondario di Roccamonfina per effetto del Decreto n.922 del 5 maggio 1811. Cfr. Salvatore D’Ambrosio, Annullamenti di Terra di Lavoro (1863 – 1889), Pesole, Napoli.

(34) Aniello Parma, Conca della Campania Storia Tradizioni e Immagini, Nuove Edizioni Ciesseti, Napoli, 1985, pag. 59.

(35) Il nome deriva dalla prima parola con cui iniziava il documento: “Parte …”. I postiglioni, appena giunti ad una stazione di posta, dovevano far annotare sul foglio parte dal mastro di posta l’orario d’arrivo e non potevano far ritorno alla stazione di dipendenza se non fossero partiti i postiglioni successivi.

(36) Cfr. P. Vollmeier e V. Mancini, Storia Postale del Regno di Napoli dalle origini all’introduzione del francobollo, Vol. I, cit., Tav. IV.

(37) Cfr. A. Lepre, Terra di Lavoro nell’Età Moderna, cit., pag. 28.

(38) Una sorta di sovrapposizione dei toponimi avviene nel passaggio già citato e relativo ai ritrovamenti di monete e costruzioni di epoca romana alla fine del XIX secolo presso la Taverna di Conca. Cfr. § Localizzazione e origini del sito.

(39) La “Taverna Nuova” si aggiunge a quella preesistente nella cartografia redatta dal Regio Officio Napoletano fra il 1848 e il 1860.

(40) Mignano divenne Capoluogo di Circondario per effetto del R. D. 2644 del 5 novembre 1855. Il nuovo circondario fu aggregato al Distretto di Caserta e per formarlo furono sottratti Rocca d’Evandro e San Pietro Infine al Circondario di Cervaro e Galluccio al Circondario di Roccamonfina. Cfr. Gaetano de Angelis-Curtis, L’amministrazione della giustizia a Cervaro tra Giudicato regio, Pretura, classe forense e magistrati, Studi Cassinati, anno 2012, n.1.

(41) Cfr. P. Vollmeier e V. Mancini, Storia Postale del Regno di Napoli dalle origini all’introduzione del francobollo, Vol. I, cit., pag. 185.

(42) Cfr. P. Vollmeier e V. Mancini, Storia Postale del Regno di Napoli dalle origini all’introduzione del francobollo, Vol. I, cit., pag. 29; Enrico Mangili, I Tasso e le Poste, Gutenberg, Bergamo, 1942, pag. 93.

(43) Cfr. G. M. Galanti, Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie Tomo III, cit., pagg. 104 e 105.

(44) Cfr. Antonio Federico Botte, Carta postale ed itineraria d’Italia Rispettosissimamente dedicata a S. M. I. R. A. Ferdinando I. Imp.re d’Austria, Udine, 1844.

(45) Cfr. Supra, § Analisi delle strutture esistenti.

(46) Cfr. Infra, § Fatti di brigantaggio presso la Taverna di Conca.

(47) La carta della Provincia di Caserta, Terra di Lavoro è pubblicata in Atlante oro-idrografico corografico e storico dell’Italia, Casa Editrice Dottor Francesco Vallardi, Milano, 1895. La carta riporta ancora il comune di Presenzano in provincia di Molise, deve essere per questo anteriore al 1878 e successiva al 1861.

(48) La strada ferrata che si vede passare per Venafro non esisteva realmente, ma era solo un progetto, come si può verificare nella figura 17. La stazione di Venafro venne inaugurata solo il 20 maggio 1886, quando giunse la linea proveniente da Vairano. Cfr. lestradeferrate.it/mono21/21venafro.htm

(49) Cfr. it.wikipedia.org/wiki/Storia_delle_ferrovie_nel_Regno_delle_Due_Sicilie; P. Vollmeier e V. Mancini, Storia Postale del Regno di Napoli dalle origini all’introduzione del francobollo, Vol. I, cit., pag. 160.

(50) Cfr. it.wikipedia.org/wiki/Ferrovia_Roma-Cassino-Napoli.

(51) Cfr. it.wikipedia.org/wiki/Stazione_di_Mignano_Monte_Lungo.

(52) Cfr. Guida alle fonti per la storia del brigantaggio postunitario conservate negli Archivi di Stato, cit.

(53) Cfr. Supra § La Taverna di Conca e le sue funzioni, La taverna vera e propria.

(54) Cfr. Guida alle fonti per la storia del brigantaggio postunitario conservate negli Archivi di Stato, cit., pag. 1123.

(55) Cfr. Ivi, pag. 903.

(56) Cfr. Archivio di Stato di Caserta, Fondo Brigantaggio – Prefettura, Polizia, Busta 163, Fascicolo 104.

(57) Cfr. Giornale Militare Ufficiale 1864. Serie dei Bollettini delle nomine, promozioni, destinazioni ed altre variazioni negli Uffiziali del Regio Esercito e nel Personale dell’Amministrazione Militare, Torino, Fodratti, 1864, pag. 406.

(58) Cfr. L’Esercito Illustrato Anno II n.57, Torino, 6 agosto 1864.

(59) Cfr. Arthur Leon Nelson Kidson, Petrol Company, Historical Publications Branch, Wellington, 1961, Pag. 304.

Ringraziamenti

Si ringraziano per la cortese collaborazione gli amici:

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