Racconto di Guido Riccio da Vezzara di Conca della Campania
Tutti aspettavamo che fosse il giorno più felice, invece l’8 settembre (1943 n.d.r.) fu l’inizio dei tormenti.

Presi con l’inganno
Il 9 settembre fummo invitati a Conca per informazioni… Bluff!
Io stavo andando a Conca come tutti. Sotto “Le cerase” (in prossimità del bivio Vezzara-Vallecardi) incontrai Pasquale “Zecca” e mi disse: “Dove vai?” Io risposi: “A Conca”. “Tu” – mi disse – “di che classe sei?” “26” risposi io. “Allora tornatene a casa perché hanno chiamato fino al ’25 e poi io sono scappato perché stanno portando tutti a Cassino”.
Dunque: tutti quelli che affluirono a Conca furono portati a Cassino, tra questi capitò anche “Pagliaro” (al secolo Antonio Sangiovanni n.d.r.).
Da qui comincia il calvario della guardia ai cavi telefonici che passavano da Teano a Cassino, cioè Teano-Roccamonfina-Conca-Mignano-Cassino.
Il turno era di cinque ore sia di giorno che di notte; la notte veniva la SS di ronda per ispezione e più di una volta diceva: “achtung verboten schlafen” ovvero: “attenti proibito dormire o morte!”
E così andò fino alla fine di agosto, quando poi dovemmo abbandonare le case e fuggimmo verso le grotte sulle Cese.
Vivere sulle Cese fu troppo disagiato, mangiavamo solo quello che portava zio Giardino (Giovanni Riccio n.d.r.) dalla Forcella. Lì c’era una stazione austriaca ricevente e trasmittente e lo zio spaccava la legna per le stufe (dei soldati). Così mio zio portava avanzi di maiale e di vitello.
“Ma’ m’hanno sparato!”
L’ultimo giorno che stavo guardando le mie posizioni – era dove (ora) sono le Scuole di Piantoli (trivio Conca-San Clemente-Piantoli) – venne un militare e mi portò a caricare un camion – c’era di tutto da caricare – già si sentiva il “profumo” dei soldati americani vicino al Volturno.
Dunque, questo soldato mi mise dentro il camion e cominciò a “buttarmi la roba” da sistemare [dentro il camion], cosa che non avevo visto mai fare.
Mi buttò talmente tanta roba che mi ricoprì tutto.
Visto che non ero capace per quel lavoro, mi fece scendere e cominciò a darmi calci nel culo – ancora mi fa male. Salì sul camion e io feci quello che aveva fatto lui, lo sommersi e scappai. Non scappavo, VOLAVO.
I militari che stavano dall’altra parte della strada, cioè sulla Chiusa, incominciarono a battere le mani. Il militare che stava nel camion, appena sentì il battimani uscì, prese la mitraglia e fece raffiche verso di me.
Ma, io scappavo come una lepre inseguita dai cani, andai a casa e dissi a mia madre: “Ma’ m’hanno sparato!” Lei: “Corri, corri, vai a Vallemarina!”
Così andai in montagna e non scesi più.
Mangiare era proprio un…
Allora fu un’annata di castagne che non si era vista mai: castagne, funghi abbondavano. Quell’anno si andava sotto La Valle, lì c’erano tutte le qualità di frutta, mele e uva. Si portavano a zio Giardino (Giovanni Riccio) e lui le portava ai soldati sulla Forcella, così la sera quando tornava a casa, cioè alle grotte, portava le cose, come ho detto prima (viveri).
Un giorno fu fatale. Mentre stavamo decidendo chi doveva andare sotto La Valle per la frutta, sentimmo una baraonda che scendeva da Tuorofigliola alla Cupa, dove eravamo noi.
Si avvicinarono due militari carichi di bombe a mano e mitragliatori a spalla. Non dicevano altro che: “Cable telephone” e “Cassino”.
Noi stavamo tutti lì, io, Peppino, Luigi, Neda, tutti quelli di zio Giardino (ma loro restarono dietro). Mia madre aveva l’eczema, con la faccia piena di piaghe supplicava questi militari di lasciarci stare, ma loro dicevano solo “telephone” e “Cassino”.
Allora successe “la bella”. Peppino si scagliò su uno di loro, gli prese il fucile e l’altro manco fiatò. E Peppino disse: “Cassino! Tu vai a Cassino!” Col fucile puntato al militare. Cosa successe non siamo stati mai capaci di capirlo. Il soldato disse: “Ja, io Cassino”. Peppino gli diede il fucile e loro andarono via.
La sera sapemmo da zio Giardino che aveva incontrato Adolfo… con un gomitolo di fili telefonici che non ce la faceva nemmeno a portarlo. Ecco perché i soldati tedeschi dicevano “telefon”.
Sapemmo che quei fili li aveva commissionati Canale (Antonio poi morto sotto Villa Del Monte n.d.r.) per metterli alla vigna dietro la Chiesa.
La mattina seguente andai dietro alla Forcella di zio Renzuccio a prendere una sacchetta di patate. Quelle patate stavano messe “accummugliate” con le foglie di castagne.
Mentre stavo per caricarmi addosso le patate, alle spalle sentii la voce di zio Renzuccio dire: “Guidù scappa, i Tedeschi! piglia la mula e vai alla Oria!” La Oria era un laghetto che si trovava in località Pantano. E così salvammo pure la mula. Io tornai, senza patate, via Vallemarina, bosco bosco e andai sulle Cese.
L’inizio dei “fuochi”
Poi incominciarono “i fuochi”. Ho visto squadriglie di “fortezze volanti” che bombardavano Mignano. Le postazioni tedesche dell’88 non arrivavano alle altezze che portavano gli aerei americani.
I “fuochi” si alternarono quando i tedeschi incominciarono a minare tutte le piante di castagni che stavano ai lati della strada.
Ad un tratto incominciarono a saltare in aria tutti i castagni, uno appresso all’altro. Da Sant’Antuono a Conca li buttarono tutti a terra.
E poi si sentì un boato… il Palazzo Bartoli l’ho visto saltare in alto come una cosa indescrivibile: un disco rotondo di fuoco.
La grande sorpresa
E poi ci fu la grande sorpresa… Mentre si dormiva, una notte, si avvertì un tremolio… stava per cadere la grotta? Non ci potevamo credere. Tutte le Cese fino a Sipicciano percorse da una catena di carri armati. “E questi chi sono adesso?”
Vedemmo un militare che da sopra la grotta tirava castagne giù, con la pistola in mano. Luigi, ferito (in guerra n.d.r) stava con la divisa coloniale, uscì e disse: “Ru tedesco!”
Uscimmo tutti fuori dalla grotta, lui mise la pistola nel fodero e disse: “Civil!” in americano. Allora zia Rosina, che ricordava i numeri inglesi cominciò a contare e fu l’ora del cioccolato e caramelle. Le case furono invase da tutta la 5^ Armata americana. Dopo vennero i Francesi con i Marocchini.
Sotto la Cupa, non so come, ci portarono le camionette. C’erano tutte tende di donne marocchine.
Un giorno andammo io e Luigi per rimediare qualcosa. Eravamo vicino alla grotta quando una di queste uscì dalla tenda e diceva: “Missiù, come here, jà jà , mi serve l’argiant!” E Luigi: “Guidù, scappammo sennò ce fottono!” Ancora stiamo a scappare…
Verso la ripresa…
E così continuò. L’8 settembre cominciammo “a fare qualcosa” con gli Americani e Inglesi, si cominciò a mangiare… Poi tornammo nelle nostre case, ma sempre a vivere nelle grotte perché da Cassino fino a Vallemaio c’erano i Tedeschi e vivevamo sotto le cannonate, tanto che la moglie di “Pecorone” ( Pietro Addesso n.d.r) ci morì con due suoi figli.
Galleria Fotografica
Immagine di copertina
Nell’immagine di copertina è rappresentato il bracciale che venne usato dagli addetti alla guardia dei fili telefonici nella località “Innesto”, al confine tra il Comune di Conca della Campania e Galluccio. [Archivio Lorenzo De Felice]
Note di redazione
Testo rinvenuto e trascritto dall’originale senza modifiche alla forma e al contenuto.
I fatti raccontati e i luoghi citati sono storicamente attendibili.
Le persone menzionate sono pregate di rilevare eventuali inesattezze riportate di cui mi scuso fin d’ora.
Ringrazio Pasqualino Comparelli per l’immagine tratta da un suo libro.
Tutti i diritti sono riservati.
Nota Biografica
Guido Riccio è nato a Vezzara il 25 agosto 1926 da una famiglia numerosa.
E’ stato cavapietre, cameriere, maitre d’hotel e barman. Ha fatto per lungo tempo l’archivista presso l’Italtel di Milano e di Santa Maria Capua Vetere.
Appassionato di Egittologia, ha divorato numerosi testi sull’argomento, divenendo un impareggiabile conoscitore della materia.
Ha scritto memorie eterogenee, molte delle quali sulla storia locale.
La sua dipartita ha lasciato un vuoto incolmabile: è stato un papà amorevole e premuroso.
Interessante racconto di vita che ha coinvolto in quei tristi momenti tanta popolazione durante il periodo della seconda guerra
…tanti ricordi riaffiorano alla memoria, dai racconti di mio padre, Giulio Amato nato a Vezzara nel “27 e come tanti di loro, era uno dei “guardiafili”…