Alla scoperta della Via Francigena, millenario cammino dei pellegrini, tra i castagneti di Conca della Campania
Il Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni costituisce la fonte più preziosa per chi, come noi, vuole vantare il passaggio di una via Romea nel nostro territorio.
La citazione riguarda il passo in cui viene menzionata una pecia ad Conca, esattamente l’octavadecima, “…quomodo descendit ipse monte de Caprile usque ad via que dicitur Francisca”.(1)
La fonte storica va sempre verificata, ma è vero che tanti toponimi presenti e ancora in uso nelle nostre zone non lasciano spazio a dubbi.
La via Francisca, Romea, Francigena che dir si voglia (ovvero generata dai Franchi) fa riferimento alla via del pellegrinaggio o della fede che ha preso piede nel Medioevo ed è giunta inalterata come concetto culturale e religioso e pressoché intatta nella sua ubicazione geografica.
Fin qui la generalizzazione del concetto, che, nel caso di Conca, trova la sua applicazione nella Via, tratturo, acciottolato, che costeggia la Strada provinciale Sessa – Mignano da Via Chiana – Caprile fino al bivio di Sant’Antuono.
Il ricordo di questa Via Francisca si perde nella notte dei tempi.
La sua funzione è sempre stata quella di veicolo di merci e di scambi, ma non ultima quella di pellegrinaggi verso il Santuario dei Lattani e, in senso opposto, verso l’ Abbazia della Ferrara, entrambi famosi luoghi di culto.
(1) Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni, a cura di V. Federici, vol II, Roma 1925 pag.49
Scheda Tecnica della Via Francigena a Conca della Campania
La ricognizione di superficie effettuata sulla Via Francisca, pur non essendo suffragata da esami tecnico/scientifici di laboratorio, fa afferire la datazione di essa ad epoca tardo-antica o romana.
L’esame dei reperti ha messo in luce una tecnica in uso proprio in epoca romana, infatti, descritta con maestria da STAZIO nel suo poetico “SILVAE”, Libro IV in cui tratta della costruzione della strada litoranea Via Domitiana, precisamente nel tratto che congiunge le foci del Volturno e Pozzuoli.
Supportati da questa conoscenza, è stato possibile delineare i tratti tecnici che definiscono questa via come una delle viae silicae o lapidibus stratae ovvero vie pavimentate con sassi di silice o sassi quadrati. Era consuetudine infatti formare il pavimentum della via con lastre poligonali e diseguali di basalto o di calcare, levigati nella parte superiore e profilati in quella inferiore, a cuneo, accostati l’uno all’all’altro con grande cura.
Talvolta, se si trattava di costruire strade su terreni particolarmente ripidi, venivano scavati nella pavimentazione dei solchi paralleli per consentire alle ruote dei veicoli un percorso agevole evitando l’uscita di strada.
In sostanza il procedimento usato era il seguente: un primus labor, una prima operazione prevedeva la delimitazione dei margini della via con due solchi paralleli nel terreno (inchoare sulcos et rescindere limites). Al centro di essi si scavava una trincea atta a raggiungere una solida base per sostenere il manto stradale. Si colmava quindi la fossa con i materiali al momento disponibili ma comunque in grado di assicurare coerenza con il manto stradale al fine di evitare voragini e/o cedimenti.
Lo spessore dello strato non doveva essere inferiore a 30 cm e andava assimilato allo statumen e formato da pietre di media o grossa taglia. Sopra questo strato veniva gettato il rudus consistente in ciottoli amalgamati con argilla o malta. Di poi il terreno veniva battuto con mazze ferrate. Questo strato più fino serviva a drenare le acque ed era ricoperto a sua volta da un nucleus di ghiaia livellata con battipali e rullo. Infine il pavimentum, il dorsum, contraddistingueva a seconda di quale tipo di pietra locale era rivestito, la via, che poteva essere terrenae, (terra battuta) glarea (ghiaia e breccia ) siliciae (lastre di pietra poligonale).
La nostra Via Francisca rispecchia, quindi, tutte le caratteristiche dell’epoca romana di costruzione di questo genere di rete viaria: poca forzatura del terreno, piccoli raggi di curvatura per facilitare il percorso dei carri, tracciato lontano dal fondovalle (soggetto a possibili inondazioni).
Galleria fotografica della Via Francigena a Conca della Campania
Fofo di Diego Gianluigi Di Salvo